Cnu, nel segno di Leonardo Coiana
Antonio Dima tra bilanci, progetti e prospettive. Il Cusi e i Cnu aquilani radiografati dal segretario generale. “Il dna? Le frequenze culturali tracciate dal nostro presidente storico”
di Mario Frongia
“Cosa mi inorgoglisce di più dei Cnu aquilani? La risposta avuta dai Cus”. Antonio Dima, leccese minuzioso e attento ai dettagli, conosce a memoria la macchina sportiva universitaria. Figura di sostanza e concretezza, forte di un lungo e sostanzioso apprendistato al fianco di Leonardo Coiana (“Un rammarico? Non aver potuto portare avanti i progetti ideati da Lilli” dice con un filo di rimpianto), coglie l’attimo. I Cnu curati dal Cus L’Aquila che si trasformano, almeno in parte, nel trampolino che conduce alle Universiadi di Napoli. Nella red list del segretario generale, si srotola un filo che annette passato, presente e futuro di un Cusi che lievita, rafforza e cerca spazi vitali, punta a coinvolgere e includere. Ma, soprattutto, a stare al passo coi tempi. Nel mondo dello sport universitario e non solo. A pensarci bene, una questione di cultura, etica, approfondimento.
Riannodiamo i fili. Qual è il bilancio dei campionati primaverili?
Molto positivo. Anche perché da un pessimismo iniziale, legato all’utilizzo e alla gestione delle strutture, siamo passati a una realtà che ha colto nel segno, sia dal punto di vista dei risultati tecnico-sportivi, sia per quanto riguarda la risposta dei Cus. E sottolineo l’approccio degli aquilani con gli atleti-studenti: perfetto.
Qual è stato il dna dei giochi abruzzesi?
La solidarietà. A dieci anni dalla tragedia del terremoto, ci tenevamo a esaltare un messaggio di presenza e vicinanza al Cus, all’ateneo e all’intera municipalità. Come dire, siamo con voi. Ci siamo messi in gioco sul fronte dei valori umani ancora prima che su quello dell’indotto, culturale ed economico, che i campionati comportano.
Quali sono stati i temi più delicati della vigilia?
In un primo momento pareva che tutto filasse liscio. Poi, negli ultimi sessanta giorni, è capitato che dopo i nostri sopralluoghi gli impianti cambiassero o avessero delle modifiche. Un iter che ci ha un po’ preoccupato.
Qual è stata la soluzione?
Accentrare il tutto all’interno del campus, con risultati consoni allo spirito della manifestazione. In più, ricca di scambi, solidarietà, inclusione e proficua commistione tra studenti provenienti da mezza Italia. Una soluzione vincente di cui va dato merito anche al Cus L’Aquila e al presidente Francesco Bizzarri.
Risultati di interesse da campi e palestra. Ma non solo. Qual è il messaggio da esaltare?
Oltre all’agonismo abbiamo colto un bel traguardo anche fuori dal campo. Una filosofia che, come diceva il mio maestro Leonardo Coiana, deve contraddistinguere lo sport universitario: da queste gare e dai nostri campionati passa la classe dirigente del futuro del paese. Un concetto di valori, esperienze e progetti che si proietta a livello internazionale. Senza confini di alcun genere.
Per stare ai risultati, quanto hanno pesato le concomitanze di altre manifestazioni di pregio?
Tanto ma non ci possiamo fare nulla. Comunque, la risposta dei Cus è stata puntuale e ci tengo a rimarcare che, specie in alcune discipline individuali, come arti marziali e tennis, i Cnu sono stati test per le selezioni utili a partecipare alle Universiadi di Napoli.
Più in generale, quali erano le aspettative?
Chiudiamo con una buona performance globale. Anche grazie alle scelte del comitato organizzatore, che ha abbinato alla manifestazione, eventi legati allo sport e al territorio, siamo orgogliosi di poter dire quanto i campionati siano stati col segno più.
Tra gli eventi doc rientra il convegno sulle disabilità?
Sì. Il progetto Spin, con centinaia di ragazzi disabili che con la loro presenza hanno arricchito i Cnu, ci vede in prima linea nel merito e nella forma. Ed è una ulteriore tappa nel percorso di evoluzione del Cusi.
Antonio, riavvolga il nastro. Quando comincia a indossare la polo del Cusi?
Ricordo la mia prima Universiade a Sheffield nel 1991. Presiedevo il Cus Lecce e Lilli mi portò per farmi annusare i rudimenti del buon dirigente. A pensarci adesso, in quel modo aveva iniziato a trasmettermi comportamenti, conoscenza e saperi. Poi, nel 1995 mi fece entrare in giunta quando lui divenne presidente del Cusi. Quindi mi volle nel comitato centrale e da lì mi ritrovai nella giunta esecutiva. Fino al 1997, quando mi fece dimettere e mi diede l’incarico di segretario generale.
Se potesse tornare indietro, cosa rifarebbe?
Tutto quel che ho fatto.
Cosa riportate a via Brofferio da L’Aquila?
Ricchezza nel cuore e nell’animo ancora prima di risultati agonistici. I Cnu sono stati un film ricco di aperture e integrazione dello sport universitario con il sociale. L’inclusione, anche dei disabili, mancava. Adesso il percorso è stato avviato.
Qual è l’auspicio?
Il tempo è galantuomo. Sarebbe produttivo e piacevole che gli obiettivi e i traguardi delineati da Lilli Coiana prendessero ancora più sostanza.