Cnu, una lunga storia di buona sanità
Gianfranco Beltrami guida il pool di medici che supportano i campionati. “Ho raccolto l’eredità di Lilli Coiana. Sport e disabilità? Una questione di cultura e formazione che premia pazienti, operatori e società civile”
di Mario Frongia
“Il bilancio? Più che positivo, in sei giorni di gare abbiamo registrato una frattura di polso nel taekwondo”. Eloquio riflessivo, ponderazione accurata di parole e concetti, una visione medico-sportiva nata alla fine degli anni ’70. Gianfranco Beltrami coordina i sei medici all’opera ai Campionati nazionali primaverili universitari in corso a L’Aquila. Una missione, ancor prima che professionale, etica e deontologica, tesa a vincere la sfida delle sfide: “Lavoriamo, e qualche importante passo avanti è stato compiuto, per far sì che il legame sport e formazione avanzata sia sempre più solido. I modelli vincenti, che provengono dagli Stati Uniti e dal mondo anglosassone, puntano a premiare o quanto meno agevolare gli atleti di alto livello agonistico impegnati negli studi universitari. Come? Con percorsi agevolati, tassazione ridotta, la possibilità di usufruire di alloggi, la programmazione di esami e lezioni coordinata con allenamenti e gare”. Vice presidente nazionale della Federazione medico sportiva, numero uno della Commissione medica mondiale antidoping, Gianfranco Beltrami presiede anche la Federazione mondiale baseball e dirige un Centro a Parma. Lo specialista ha alle spalle un film di partite, incontri, infortuni, diagnosi e riabilitazioni lungo quarant’anni: “Ho preso parte ai Cnu di Salsomaggiore nel 1978, non ero ancora laureato. E nei primi anni ’90 ho esordito nello staff sanitario alle Universiadi di Fukuoka” dice tutto d’un fiato. In breve, un curriculum che associa mestiere e competenze maturate sul campo. Lo specialista rimarca un passaggio chiave: “Sono cresciuto con Leonardo Coiana. Ed è stato lui, quando ero consigliere nazionale Cusi da presidente del Cus Parma, da medico prima che da presidente, a chiedermi di lasciare il consiglio e di andare a guidare la Federazione di medicina dello sport. Questo evidenzia quale sia stata l’attenzione data allo sviluppo della specialità. Una visione, quella di Lilli, che ha contribuito a produrre la scuola di medicina dello sport più avanzata al mondo, replicata con successo in varie nazioni europee”.
Ad esempio?
Germania e Svezia sono state rapide nell’incamerare il percorso formativo. E sta prendendo corpo la legislazione europea che introdurrà il nostro format di cinque anni di scuola di specialità nei ventotto paesi membri.
Dottor Beltrami, su un tema come il doping, che spesso attraversa e mortifica anche gli operatori seri, qual è la posizione del Cusi?
Nitida e rigorosa. Il doping è un fenomeno diffuso e noi, anche per la presenza ai Cnu di atleti di grande livello, specie nella lotta, nel judo e nel karate, oltre che nell’atletica, effettuiamo controlli a tutto campo.
Se dovesse mettere nero su bianco, quale sarebbe l’auspicio per i Cnu del futuro?
Parliamo di un evento di assoluto valore. Si dovrebbe proseguire con il valorizzarlo anche per il ruolo sociale che lo sport agonistico, oltre che promozionale, ha nelle università. Va promossa un’azione di supporto concreta, magari con dei tutor, per chi pratica discipline sportive ad alto livello. E sottolineo un aspetto che passa spesso in secondo piano. In Italia molti atleti di profilo elevato non studiano e quando chiudono la carriera si ritrovano con nulla in mano. Ecco si deve accelerare sulla promozione della cultura sportiva con una formazione qualificata.
Indossi di nuovo il camice, sia obiettivo e finga di arrivare da Marte. Qual è il voto per il team sanitario del Cusi?
Sono gli altri, fin dai tempi della presidenza di Lilli, a riconoscere che l’organizzazione sanitaria dei Cnu è un fiore all’occhiello. Si dà assistenza a 360 gradi agli atleti e anche alle Universiadi che si tengono a Napoli, saremo presenti con undici medici e nove fisioterapisti, con attrezzature e strumenti per la riabilitazione. Il gruppo è strutturato in modo molto professionale. E anche le Federazioni apprezzano il nostro lavoro.
Cosa suggerisce a un neomedico?
Di iscriversi a Medicina dello sport. Ha prospettive di lavoro immediate sia per la carenza di specialisti, tenuto conto chee annualmente sono solo 33 i neo specializzati. Sia per le norme prevedono la visita medico sportiva agonistica obbligatoria. Questi riferimenti danno idea di quanti medici occorrano per rispondere alle esigenze. Senza scordare l’aspetto della prescrizione dell’attività fisica nelle varie patologie. Lo sport è un farmaco indispensabile per prevenire e curare mali diffusi come ipertensione, obesità e diabete.
Come spesso accade, lo sport si incrocia con le scelte politiche. Come vede l’evoluzione in seno al Coni?
Credo che il ruolo del medico dello sport, anche nell’ambito della riorganizzazione con la nascita di “Sport a salute”, debba avere un ruolo preminente. Lo sport, con un background culturale collaudato, è il collante ideale per coniugarsi con il benessere e la salute.
A L’Aquila si è tenuto il convegno “Sport e disabilità”. Qual è stato l’abstract della sua lezione magistrale?
Ho sottolineato l’importanza della pratica sportiva per la vita delle persone disabili. Lo sport dona un’esistenza migliore, in qualità e quantità. Il movimento per i disabili significa correlarsi e mangiare meglio. Una maggiore mobilità permette di manovrare con più sicurezza gli ausili e offre gratificazioni mentali e morali.
Dottor Beltrami, ha già fatto la pagella ai Campionati?
(risata, ndr). No, ma è un gioco facile. Siamo molto soddisfatti e non avevamo dubbi che tutto avrebbe funzionato a puntino. Sono personalmente molto contento ma sapevo che l’organizzazione curata dal collega Francesco Bizzarri, col quale ho seguito tante Universiadi e Cnu, sarebbe stata eccellente.